lunedì 24 ottobre 2016

La musica che non c'è: lieder e ballate tra cielo e terra.

In epigrafe all'ultimo libro di Luciano Ligabue si legge:
"Chi prende in mano un violino, o qualunque altro strumento musicale, compie un gesto di speranza che comporta il desiderio di un futuro".
 Questa frase costituisce il punto di snodo del romanzo "La ballata di Adam Henry" dello scrittore britannico Ian McEwan.  
Si tratta della storia di un "quasi diciottenne", gravemente malato, e di una donna, giudice dell'Alta Corte britannica, chiamata a decidere sul suo futuro, in equilibrio sulla sottile linea di demarcazione che separa giustizia e legalità, etica e religione.
Il giovane, a pochi mesi dal compiere il diciottesimo anno di età, è figlio di una coppia di Testimoni di Geova, educato ed indottrinato secondo le più rigide regole religiose. Affetto da una rara forma di leucemia, i medici lo sottopongono ad un protocollo terapeutico che include un'emotrasfusione, che il ragazzo, spalleggiato dai genitori, rifiuta categoricamente, timoroso di mescolare il proprio sangue a quello di altri, pratica esplicitamente vietata, secondo il proprio credo, nella Genesi, nel Levitico e negli Atti.  
Ma il giovane, anche se per pochi mesi ancora, non è maggiorenne, quindi la struttura ospedaliera chiede l'intervento del giudice Fiona Maye, allo scopo di ottenere l'autorizzazione a procedere coercitivamente alla trasfusione. 
La vita di lei è segnata dall'ideale mancato di una carriera da pianista; ogni rumore, ogni suono, ogni richiamo le portano alla mente brani, eventi, autori in cui trovare rifugio dalle sofferenze altrui e personali su cui è obbligata a decidere nel suo ruolo di rappresentante della legge e di moglie in crisi.
In una stanza d'ospedale, attratta da un archetto, Fiona ottiene dal giovane una dimostrazione dei suoi progressi di neofita del violino, prima solo ed incerto, poi, rassicurato dalla voce di lei, sicuro e spigliato. 
Eseguono insieme il canto tradizionale irlandese basato sulla poesia di William Yeats "Nel Bosco dei Salici":
"Incontrai sulla riva del fiume il mio amore che, lieve, sulla spalla mia stanca appoggiò la sua mano di neve. Come l'erba è la vita, prendila come viene; ma ero giovane e sciocco e ora il pianto è il mio unico bene". 
L'opera è un continuo richiamo a riferimenti musicali, citazioni, titoli ed autori, classici e jazz che costituiscono una sound track immaginaria che si incastona perfettamente nella narrazione, che da corpo e spessore ai personaggi, che ne traccia il profilo psicologico e li mette e nudo. 

Le aree di Bach, i lieder di Schubert, Jarrett e Monk, Les nuits d'été di Berlioz, Ich bin der Welt abhanden gekommen di Mahler sono l'essenza intima del giudice Fiona Maye, di suo marito accademico, del giovane Adam.

Ma, soprattutto, cristallizzano ogni gesto, ogni parola, ogni pensiero essenziale per districarsi nelle vicende giuridico-sentimentali dei personaggi. Senza questo immaginifico sottofondo musicale, il testo risulterebbe mancante della necessaria profondità, quasi superficiale nel tratteggiare le figure. Riportare continuamente alla mente brani, generi ed autori, contribuisce a dare corpo all'opera, a renderla completa, coinvolgente ed in qualche modo multisensoriale.
  
    

  

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