lunedì 19 novembre 2018

Sorprese dalla rete.

Navigando, navigando, qualche volta capita di incappare in qualcosa di insolitamente interessante. Di video musicali e non ce ne sono a milioni e pure capita, di tanto in tanto, di ascoltare quello che non ti aspetteresti mai.
Qualche giorno fa mi è captato di ascoltare questa insolita versione di Keep on movin' di Pino Daniele

Il brano lo ricordiamo tutti. L'album è Musicante del lontano '84 ed il testo graffia dentro come solo il vecchio Pino sapeva fare.

Loro sono PMS ovvero Caterina Bianco, violino e voce e Martina Mollo, pianoforte e voce e sembrano aver colto nel profondo il senso del brano riuscendo, con questo arrangiamento asciutto e raffinato, a mostrare qualcosa profondamente intimo che, nella versione originale resta celato.

Buona visione.


domenica 1 luglio 2018

Italian Soulful: la melodia si fa elettronica.

Il progetto discografico di D'Andy & Bodyles rilegge con eleganza alcuni classici della musica pop italiana in chiave dance. 
     
Dico subito che il genere non mi entusiasma e che l'idea di remixare alcuni famosi brani della canzone italiana, tutto sommato non mi sembra il massimo dell'originalità. Ma, come capita non troppo spesso, il risultato supera di gran lunga le aspettative. 
Italian Soulful, uscito da qualche giorno per l'etichetta bolognese Irma Records, affronta con coraggio la sfida di rimettere mano ad alcuni tra i più noti brani della musica leggera italiana, riproponendoli in versione dance. 
Per un'ora d'amore, Pensiero stupendo, Grande figlio di puttana, Che Dio ti benedica, Soul Express ed altri grandi successi nazionali per un totale di undici tracce che ridanno voce ad artisti del calibro di Dalla, Baglioni, Celentano, Matia Bazar, Pino Daniele ed Enzo Avitabile, indietro fino a Bruno Martino con Estate
L'operazione non è per nulla semplice; il rischio di cadere, battuta dopo battuta, in qualcosa di già ascoltato è sempre dietro l'angolo. Di leggero resta senz'altro lo stile morbido, misurato e godereccio, ma per il resto ne risulta un lavoro accurato, sofisticato, mai eccessivo ed estremamente piacevole. 
Va dato atto ai due artisti e producer cresciuti all'ombra del Vesuvio, D'Andy & Bodyles, di essere riusciti abilmente a non cadere mai nel cliché del dejà vu proponendo sonorità raffinate ed effetti curati e mai sopra le righe, con grande rispetto per i brani originali. Notevole anche il contributo delle voci chiamate a reinterpretare i brani ed assolutamente all'altezza del non facile compito.

Buon ascolto. 


ITALIAN SOULFUL - D'ANDY & BODYLES

IRMA Records
         


sabato 21 aprile 2018

I Queen e la retorica del Rock


Dite la verità, sentivate proprio la mancanza di qualcuno che sparasse cazzate su una tra le più leggendarie band rock di sempre, vero?

Correrò questo rischio per fare qualche considerazione su di un gruppo che, ad onor del vero, non rientra nella mia playlist rock preferita ma che non si può che posizionare nell'Olimpo della musica.
Riascoltando i Queen (grazie alla piattaforma che ha ormai abbattuto ogni limite alla provvidenza dell'ascolto musicale) mi è saltata all'orecchio la somiglianza, notevole in alcuni casi, con la teatralità dei primi Genesis, per intenderci quelli di Gabriel. Grande attenzione alla linea armonica, melodie di grande respiro, un'accurata pulizia dei suoni ed una espressività recitativa possibile solo a due camaleonti come Freddie Mercury ed, appunto, Peter Gabriel. Tutto in linea con quel rock britannico coniugato con la purezza di stile diametralmente opposto a quello brutto, sporco e cattivo proveniente d'oltreoceano.
Nel caso dei Genesis questa teatralità, portata ai massimi livelli da Peter Gabriel anche in maniera inaspettata per gli altri componenti della band (come quando salì sul palco indossando l'abito rosso della moglie e la maschera da volpe), muta dopo il 1975 con il cambio di guardia tra Gabriel e Phil Collins e la pubblicazione, nel 1976, di A Trick of the Tail in cui lo stesso Collins registra tutte le tracce audio. Il batterista lascia tutti a bocca aperta anche di fronte ad un microfono e la predominanza scenica del suo predecessore lascia spazio ad una musicalità più raffinata. 
Negli stessi anni (assolutamente d'oro purissimo per il genere) Farrohk Bulsara entra a far parte degli Smile, gruppo costituito da May e Staffell e prodotto dalla Mercury Records. Farrohk, per gli amici Freddie, mutuò il nome dell'etichetta ed inizio a dettare la linea della band imponendo la sua fisicità scenica e le strabilianti doti canore. Fu Staffell a fare un passo in dietro dopo il tiepido successo del primo singolo e così, nel 1970, prende vita il progetto Queen. 
La dicotomia May/Mercury, già evidente nell'album d'esordio, si esplicita in Queen II pubblicato nel 1974: al white side dominato dalla musicalità colta di May, si contrappone la prorompente aggressività vocale di Mercury del black side.
Ed è qui che le storie delle due super band prendono strade diverse. Laddove nei Genesis la vocalità di Collins accetta qualche rinuncia rispetto alla complessità musicale, nei Queen la potenza sonora di Mercury non cede di un decibel. Sia chiaro che in entrambi i casi il valore degli altri componenti delle rispettive band è oversize, assolutamente indiscutibile sia dal punto di vista compositivo che sul piano esecutivo. Ma la teatralità, la capacità interpretativa e la fisicità di Freddy Mercury diventano la cifra connotativa del gruppo. 
Gli anni ottanta e novanta, l'edonismo e la deriva pop, consentono all'ego del cantante di crescere a dismisura, talvolta penalizzando, immeritatamente, i suoi stessi compagni di viaggio.
La teatralità si trasforma quindi in retorica, in quell'autocitazionismo che solo i grandi possono permettersi, ma che ha il limite di non avere limiti, finendo per risultare monotono, se non stucchevole. 
Certo la longevità e la planetarietà dei Queen dimostrano che l'apparire sempre un filo sopra le righe paghi più dell'aplomb britannico dei Genesis, ma è proprio quel filo a fare la differenza tra mito e leggenda.


martedì 17 aprile 2018

La Musicoterapia oltre la musica.

C’è una disciplina scientifica, che in Italia fa ancora molta fatica ad affermarsi ed a trovare un campo di applicazione ampio e consolidato: si tratta della Musicoterapia.

Proviamo a definire cos'è e come si applica la musicoterapia, con l'aiuto di quello che rappresenta il principale testo di riferimento, vale a dire il Manuale di Musicoterapia del prof. Rolando Benenzon, pioniere di questa disciplina.
Dal punto di vista scientifico, la musicoterapia è la disciplina che si occupa dello studio e della ricerca del complesso suono-essere umano con l'obiettivo di ricercare elementi di diagnosi e metodi terapeutici che utilizzano il suono, la musica ed il movimento per provocare effetti regressivi ed aprire canali di comunicazione.
Il termine musicoterapia risulta essere fuorviante e limitativo in quanto, nel processo terapeutico, oltre alla musica, vengono utilizzati anche il suono ed il movimento. La combinazione di questi tre elementi genera un'unica entità che costituisce il fulcro della terapia.
La musicoterapia, insieme ad altre tecniche terapeutiche, collabora con la medicina all'inserimento del paziente nel contesto sociale e nella prevenzione di malattie fisiche e mentali. Ciò la rende a tutti gli effetti una disciplina paramedica. È quindi necessario inserire la musicoterapia, non tanto nell'ambito musicale o in quello della psicologia, quanto in un percorso formativo prettamente medico.
La musica, il suono (non musicale ma inteso nell'accezione più ampia del termine) ed il movimento, sono gli elementi tipici dello stadio primitivo di sviluppo. Quindi la musicoterapia consente la regressione fino al narcisismo primario, fase precedente alla definizione dell’io, attraverso i suoni regressivogenetici (ad esempio il battito cardiaco) ed il complesso non verbale costituito da tutti gli elementi sonori, musicali, il movimento ed i fenomeni acustici, capaci di provocare effetti regressivi.
Questi processi consentono di aprire quei canali di comunicazione con il paziente necessari sia come approccio iniziale della terapia sia come intervento a lungo termine.
La musicoterapia, quindi, non è solo musica o terapia della musica: si tratta piuttosto di un insieme di elementi (dal suono non musicale, ai fenomeni sonori, al movimento) utili sia in fase diagnostica che in fase terapeutica in soggetti con deficit motori e/o cognitivi, in pazienti affetti da Alzheimer o nel trattamento dei disturbi psicotici.