martedì 8 novembre 2016

Mike Rubini: la tradizione del futuro.

Il talentuoso sassofonista pugliese, mira in alto tenendo ben saldi i piedi a terra. 

Il panorama jazzistico nostrano, dopo alcuni anni vissuti tra luci ed ombre, si è ormai consolidato sulla scena internazionale grazie ad un discreto numero di musicisti che, a pieno titolo, si sono imposti con carattere sulla scena internazionale.
Emancipandosi dall'appartenenza ad un genere che resta indissolubilmente legato alla radice afro-americana, hanno saputo coniugarlo con il nostro patrimonio artistico musicale, che va dalla radice classica sette-ottocentesca alle contaminazioni etniche mediterranee, passando attraverso la tradizione popolare.
E' giusto ricordare che in realtà non si è trattato di un viaggio di "sola andata": a portare il jazz in Europa sono stati gli stessi musicisti americani. Ma a fare presa non è stata la radice blues nera ma una versione danzereccia di jazz, una ritmica estranea alla nostra tradizione e non lo stile anarchico delle origini. E' Louis Mitchell, batterista di Philadelphia"genio dell'agilità e del rumore", a forgiare, verso la metà degli anni '30, il gusto inglese e francese in fatto di jazz. Solo col tempo i musicisti europei tracceranno un solco tra la musica da ballo, un ibrido richiesto dal pubblico dei locali notturni, e quella forma colta perlopiù imitativa del jazz americano. 
Allo stesso tempo si aprì una riflessione all'interno della comunità jazz d'oltreoceano, principalmente in quella della east-coast, che sentiva la necessità di mettere ordine in uno stile tutt'altro che definito, attingendo al patrimonio classico europeo.  




Lo stesso viaggio lo sta facendo, anche se all'inverso, un giovane sassofonista che, dalla provincia pugliese, si è ritrovato a Perugia per l'Umbria Jazz, passando per New York City.
Lui è Mike Rubini; diploma in sassofono e master alla New School for Jazz and Contemporary Music di Manhattan (NYC).
Di chiara formazione classica, Mike ha uno stile pulito e asciutto, senza digressioni in inutili orpelli. Il suo sax alto ha una voce calda e profonda, un suono morbido e senza sbavature.
Affronta gli standard jazz con il dovuto rispetto, in maniera accademica, ma senza eccedere in tecnicismi.
Ma è nelle composizioni originali che Mike dimostra di saper osare, con un incedere sicuro, senza esitazioni.


Con il suo Extensive Quartet, nato nel 2011, si sta facendo strada calcando la scena di prestigiosi festival, primo fra tutti l'Umbria Jazz dove si è esibito nelle ultime due edizioni.
Oltre Mike, il quartetto comprende Marino Cordasco al piano, Pasquale Gadaleta al contrabbasso e Gianlivio Liberti alla batteria; tutti ottimi musicisti, con una formazione solida alle spalle.
Le loro composizioni sono funzionali alla pratica improvvisativa, la struttura diviene propedeutica alla libertà espressiva; ed è lì che i quattro esprimono al meglio le loro capacità, in equilibrio tra classicismo e modernità, tra tecnica e sperimentazione.

Mike Rubini dovrà consumare ancora tante ance, dovrà lucidare ancora mille volte la campana del suo sax e , magari, come ha fatto qualche suo illustre predecessore, dormirci insieme. Ma con il suo talento e la sua disciplina, nulla sembra essergli precluso.










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