venerdì 11 novembre 2016

Leonard, il discepolo, raggiunge il Dio della Canzone.


Addio all'artista canadese.
Hineni, Hineni, i'm ready my Lord sono i versi del suo ultimo album You Want It Darker.





Quanto mai stridenti sembrano oggi i termini morte o, peggio ancora, scomparsa accostati al nome di Cohen.
Leonard Norman Cohen, nato il 21 settembre 1934 nel quartiere Westmount di Montréal, Quebec, ieri sera è nato al cielo.
Da ebreo, la sua anima riposerà sicuramente nello Sheol e comunque gli insegnamenti buddisti lo hanno reso certamente consapevole che la morte è parte imprescindibile del ciclo della vita. Forse sta solo ripetendo un viaggio che ha già fatto o sta intraprendendo un nuovo viaggio accanto alla sua Marianne, che lo ha anticipato di qualche mese.
Quindi, è nato al cielo: è nato al cielo dei grandi artisti, dei grandi pensatori, di quegli uomini e donne che non vivono una volta sola ma millanta volte quante vivono in ognuno di noi.
Artisticamente di lui si sa tutto. Sappiamo che a lui, almeno in parte, dobbiamo il nostro De André. Ma sicuramente sono troppo pochi i titoli che ce lo ricordano (Halleluja, Suzanne, Dance To The End Of Love) e troppi quelli di cui non abbiamo mai sentito parlare. Ma a lui andava bene così. La sua voce era per chi volutamente sceglieva di ascoltarlo, conscio di dover decifrare un messaggio, metabolizzare un pensiero, districare un groviglio di esperienze.
All'amico Dylan è stato di recente conferito, meritatamente, il premio Nobel. E se fosse andato a lui? Entrambi hanno grandi storie alle spalle, esperienze artistiche e personali tanto complicate quanto geniali, ma alle crude asperità del messaggio dylaniano, si contrappone la spirale introspettiva del linguaggio di Cohen, subdolamente tagliente come un foglio di carta.
Ma tutto questo non finisce oggi. Per ora ci sta solo salutando col suo inseparabile Borsalino.
E allora, chapeau Leonard.

Leonard Cohen _ You Want It Darker



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