mercoledì 25 ottobre 2017

Suonno d’ajere. Piccola intervista a Francesco Guccini.

Dal cassetto a volte escono strane cose di cui un po’ si è orgogliosi, un po’ ci si vergogna.
Era il 2 ottobre 1989 quando, con la sfacciataggine e la presunzione dei ventenni, io ed il mio amico Gigi ci presentammo a casa di Francesco Guccini. L’indirizzo era noto a tutti ed in quegli anni a Bologna tutto era concesso.
Questo è il risultato.              

In via Paolo Fabbri 43, a Bologna, vive un cantautore e, da qualche giorno uno scrittore: Francesco Guccini. Ad accoglierci è Angela, la moglie [in realtà era la compagna, madre della figlia Teresa], che ci dice: “Francesco non è in casa, è uscito a comprare i giornali”. Ma eccolo sbucare dall’angolo della strada col suo fardello di quotidiani e riviste, con uno sguardo che lascia trapelare mille pensieri.
Ci accoglie nel suo studio, o meglio, tra i suoi innumerevoli libri con al centro una scrivania. Francesco è un tipo “alla buona”, a cui piace fare l’alba bevendo vino con gli amici; ha nel sangue le più profonde tradizioni montanare: “Sono stato a Pavana [dove vive attualmente] i primi cinque anni della mia vita, in tempo di guerra, poi sono tornato a Modena; successivamente la mia famiglia ha deciso di spostarsi a Bologna”.
E sono proprio i ricordi di quegli anni e di quei modi di fare, di quelle tradizioni tipiche dei montanari tosco-emiliani, a riempire le pagine del suo primo libro Croniche Epafaniche, edito dalla Feltrinelli. “Ho sempre voluto fare lo scrittore da grande - dice – ho fatto Lettere all’Università perché volevo scrivere e quindi ho scelto una Facoltà che mi desse i mezzi per realizzare questo mio desiderio”.
Il libro è scritto in un italiano farcito da forme dialettali Pavano-Modenesi “con certe espressioni, certi modi di dire, certi ritmi narrativi (…) come se fosse una cosa non tanto scritta quanto raccontata”. E la conferma di questo viscerale amore per le terre dell’appennino tosco-emiliano e per le tradizioni popolari, ci arriva da un Vocabolario Dialettale a cui sta lavorando. Nell’approccio al mondo editoriale “ha fatto gioco il nome, sinceramente, cosa che è un vantaggio ma anche uno svantaggio perché già sto tremando per le bordate che certamente arriveranno. Ne ho letta proprio una, poco fa, di Bertoncelli il quale non si smentisce mai. L’aveva già fatto dicendo che in Stanze di Vita Quotidiana (1974) si vedeva che non avevo niente da dire e che lo avevo fatto perché tiravo alle royalties, che è solo un’operazione economica [a questo episodio dobbiamo L’avvelenata (1976) con cui Guccini a modo suo risponde al giovane critico musicale Riccardo Bertoncelli, che, sulle pagine della rivista Gong, avevo stroncato il suo sesto album]. “Se c’è una cosa che non tollero – continua indignato – è che si metta in discussione la mia buona fede nel fare una cosa”.
Ma sotto quelle vesti di neo-scrittore, batte ancora il cuore di un “incallito” cantautore. La carriera è incominciata un po’ per caso, “facevo canzoni, suonavo, poi sono tornato all’Università, solo che quelli che prima suonavano con me – l’Equipe 84 e i Nomadi – mi hanno chiesto delle canzoni e le hanno eseguite. Probabilmente se non avessi avuto questi agganci, avrei continuato a fare canzoni per un po’, poi non so”.
Forse quello che più gli dà fastidio del suo mestiere è la popolarità: “certo fa piacere essere apprezzato – ammette, ma poi continua -  se uno lo fa con un certo tipo di coscienza una delle maggiori sensazioni che si ha, al di là del piacere, è la vergogna. Essere un personaggio pubblico in un certo modo dà piacere solo all’incosciente”. Lui cerca di essere una persona normale che cerca delle cose ed ha il pudore di se stesso, il pudore di sentirsi guardato.
Ma cosa ha ora nel cassetto Guccini?  “Certamente se le canzoni vengono, ne scriverò della altre; ho già qualche idea e penso, entro il ’90, di fare un disco. Come scrittore sto a vedere se il piacere che mi da questa cosa sarà superiore agli schiaffi che prenderò”.
Comunque vadano le cose, speriamo di vedere presto il nome Francesco Guccini su qualche copertina; che sia di un disco, di un libro o di un vocabolario, poco importa.

Fortunatamente sono passati quasi trent'anni e quel nome lo abbiamo letto su tante altre copertine, ultimamente suprattutto di libri. E' da qualche giorno in libreria Tempo da Elfi, scritto con l'ormai inseparabile Loriano Macchiavelli. Ed a novembre uscirà una raccolta di registrazioni inedite dei  concerti tenuti all'Osteria delle Dame nei primi anni '80, storico locale fondato dallo stesso Guccini insieme a Padre Michele Casale nel 1970.  

Quando hai davanti un mito, te ne accorgi subito. 



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